venerdì 2 gennaio 2015

L' Autostoppista romantico



Una mattina grigia d'inverno.

Alzarsi alle 6,30 e farsi un'ora di macchina per andare a lavorare, non sembrava un gran programma,  quella mattina avrei avuto la compagnia della mia amica svampita, era incerto se questo migliorasse le cosa.

Shirley cominciò a parlare della sua preoccupazione per l'interrogazione di inglese e matematica, simpatica lo era, ma tra lei e Einstein c'era tutta l'involuzione dall'uomo moderno alla scimmia.
Ero acida nei confronti degli studenti, forse perché la scelta di cominciare a lavorare per me fu obbligata, quindi li osservavo con quel misto di tenero rimprovero e invidia.

A un certo punto Shirley gridò:"Fermati, Fermati!"
Un ragazzo stava facendo l'autostop ai bordi della strada. Al mio sguardo interrogativo Shirley mi disse:
"è un amico mio, dagli un passaggio su!"

Mi fermai, lui salì sul sedile posteriore, gli diedi una rapida occhiata, alto, moro capelli lunghi, jeans, maglione rosso, scarpe clark (ok.. ok… gli feci i raggi X) era un bel tipo.

"Grazie per il passaggio, devo arrivare all'università e ho perso l'autobus, sei stata gentilissima"
lo guardai nello specchietto e gli risposi:

"ringrazia Shirley, che mi ha detto che sei un amico suo..altrimenti non mi fermavo"
"Shirley chi??" fece lui di rimando. Guardai la mia amica e lei disse piano:
"Scusa mi sono sbagliata non lo conosco, mi sembrava ma…"

Lui scoppiò in una risata e esclamò :"Grazie Shirley ad avercene amiche come te, comunque mi chiamo Aris"

La fulminai con lo sguardo e lei aggiunse: "Aris, io scendo tra poco.. ma Kyra ti potrà accompagnare fino all'università, tanto va li vicino"

Era svampita ve l'avevo già detto.  Lei scese e io rimasi sola con Aris. Non sapevo bene se essere contenta di scambiare quattro chiacchiere o maledire la mia sorte per quell'amica così.

Aris raccontò di se, della facoltà, della ragazza, delle sue ammiratrici, dei suoi amici. Avevamo la stessa età, eppure lui era un ragazzo alle prese con l'adolescenza prolungata ed io ero già alle prese con un lavoro e il difficile compito di far quadrare i conti. Quella leggerezza nei racconti avrei voluto averla io, mi sentivo troppo grande, troppo responsabile a dispetto dell'età.  Lui scese dall'auto, mi ringraziò.

La settimana successiva lo rividi lungo la strada che faceva l'autostop, per un attimo fui indecisa, poi mi fermai.

"Ma è un vizio perdere l'autobus?"
"L'ho perso perché sapevo che saresti passata tu!"

Rideva, era proprio bello quando il sorriso gli illuminava il volto.
Poi prese ad aspettarmi, per scroccare un passaggio, per fare due chiacchiere, per mettere nell'autoradio la sua musica, qualche volta non c'era ad aspettarmi ed io rimanevo male, forse triste.. avevo fatto l'abitudine a lui. Nel corso dei mesi successivi, mi raccontò di aver lasciato la ragazza, poi mi raccontò di essersi messo con una, poi con un'altra poi… Io ero sempre composta, ero quella che diceva le cose da amica, giuste, giudiziose. Lui era quello che come un bimbo mi ascoltava e poi esclamava:"Si, hai ragione, dovrei essere più serio ma… sai… però tu sei una rottura di palle, dio.. ma perché non ti fai suora? l'hai lasciato quel coglione, che aspetti a divertirti?"

In quel momento avrei dovuto dire: "ho preso una stramaledetta cotta per te! ecco perché non mi diverto, per te che mi rompi il fegato raccontandomi le tue storielle, per te che prendi un passaggio e ti gusti la mia serietà manco fossi tua madre, per te adolescente rincoglionito che mi fai ascoltare per un'ora di seguito musica reggae, per te che hai solo in mente come prendere un 18!"  E invece ogni volta diventavo più ermetica, più silenziosa, falsa fredda incostante.

Avrei cambiato strada, avrei troncato quell'amicizia così senza spiegazioni.
"Ci prendiamo un caffè?" disse ad un tratto facendo interrompere i miei pensieri.
"Sono in ritardo, meglio di no" risposi
"dai un caffè così mi sveglio e sono pronto per l'esame" insistette sorridendo.

Quel bar del centro, odore di caffè, me lo sarei ricordata, ultima volta. Non può continuare un'amicizia quando per uno dei due amicizia non lo è più.

"hai una faccia!"
"e che questo caffè è pessimo e oggi ho una giornata che farei volentieri a cambio con il tuo esame"
"ok, vado e grazie!! sei sempre gentile a darmi un passaggio"
"lo so sono gentilissima" dissi regalandogli un sorriso.
Usci dal bar veloce, lo seguii con lo sguardo… l'ultima volta, l'ultimo passaggio, non ci sarebbe  stato altro.

Cambiai strada, passarono i giorni. Ero triste ma quello era un male necessario, sarebbe passato questione di tempo, non era successo nulla, inutile sperare in qualcosa di più, ero un'amica.
Quell'ora di strada, la mattina senza di lui, era diventata un tormento, mi mancava persino la sua musica,   quell'odore di profumo appena accennato, quel suo entusiasmo mi ricordava il mio perso chissà dove. M'ero innamorata come una scema, non contraccambiata.. questa doveva essere la mia idea di amore eterno. Lo incrociai in un negozio era in compagnia di una ragazza bionda.

"Ma che fine hai fatto? non ti ho più visto…"
"Ho dovuto cambiare orari, sai il lavoro.. ora scusami ma devo andare, è stato un piacere rivederti"
Avevo superato anche quell'incontro temuto, mi sarebbe passata, in fondo chi era quello? Un tipo carino con un bel sorriso, un tipo a cui i maglioni rossi stavano d'incanto, uno studente svogliato, senza responsabilità senza….. (continuai ma mi convinsi poco).

Il tempo sembrava aggravare la mia situazione mentale invece che alleggerirla.
Un giorno avevo appena finito di pranzare, suonò il campanello, andai ad aprire, me lo trovai davanti, appoggiato al muro. Non dissi nulla, il mio cuore si fermò.

"Me lo faresti un caffè?"
"Ma io veramente……" non sapevo cosa dire, era una situazione strana, paradossale.

Mi fissò, abbassai lo sguardo, si avvicinò mi prese il mento e mi costrinse a guardarlo per poco però..
Sentii le sue labbra sulle mie, un bacio morbido dolcissimo e pieno di desiderio.

"Mi sono innamorato di te cretina!"

e quello fu un gran bel complimento.