domenica 22 aprile 2012

Il giorno dopo



Mi sveglio con la sensazione di non sapere dove mi trovo, entra luce dalle finestre, sicuramente sarà tarda mattinata. Cosa ci faccio qui?

Metto i piedi fuori dal letto, mi alzo e la stanza sembra girarmi intorno. Mi siedo sul letto e cerco di rimettere ordine nei miei pensieri. Ho bisogno di un caffè, tutto intorno è silenzio, sento i miei passi sul parquet, cerco la cucina, la macchinetta del caffè sembra attendermi. Apro a caso un cassetto e trovo delle mandorle, con il caffè vanno bene, giro per casa sgranocchiandole, mentalmente dico grazie. Mi hanno sempre affascinato i libri antichi, forse perchè il considero pensieri immortali. Prendo da uno scaffale i "Pensieri" di Pascal, poi sfoglio romanzi di edizioni dell'800.

Mi ritrovo a pensare a chi viveva in quella casa. Leggeva a letto, condivideva il letto con qualcuno ma non sempre. Ai piedi della libreria c'è un piccolo sgabello,sembra stia lì per caso, ci salgo sopra ed immagino che a quell'altezza il proprietario trovava i suoi libri preferiti, li osservo, li sfoglio e li ripongo con cura, tra tutte le copertine di pelle scura, c'è un libro minuto con la copertina ed il contenitore in stoffa damascata, contiene una raccolta di lettere datate 1820.

Un fitto carteggio tra una contessa e un'illustre gentiluomo forse un po' reticente a quell'amore. Chissà cosa direbbe la signora sapendo che i suoi pensieri infuocati scritti con inchiostro e pennino siano giunti a noi attraversando quasi due secoli, per finire rilegati con cura in mezzo ai suoi classici contemporanei, forse si sarebbe vergognata, forse sarebbe stata orgogliosa della resistenza del suo amore.

In uno scatolone aperto trovo un libro di Walt Whitman "Leaves of grass", lo apro e a terra scivola una lettera del 1975 ancora chiusa, forse una lettera conservata in attesa di qualche cosa, o forse una lettera dai contenuti fin troppo noti.

Qualcuno che sapeva attendere, orologi antichi ricordano non il passare delle ore ma il passare delle epoche, storie, non attimi. Un cappello di panama, mi fa pensare a sigari e wisky, qualche lettura erotica.

Sarebbe stato contento di lasciare una sconosciuta in giro per casa? Mi vesto ed esco, memorizzo il suono del portone che si chiude alle mie spalle.

Città sconosciuta, in strada l'aria è fredda ma piacevole, come volesse aiutarmi a svegliarmi da quella specie di torpore. Cammino con l'intenzione di perdemi, prendo vie, seguendo un'immagine, un'odore. Perdermi per fuggire da me stessa, dopo un'ora mi rendo conto che sono riuscita nel mio intento. Comincia a piovere. Vedo una chiesetta davanti a me, sembra costruita lì per sbaglio. E' buia rischiarata solo da delle candele, sono sola, mi siedo su una panca e rimango li a lungo.

Meditare, lasciare che i pensieri escano, lasciarli evaporare, e trovarmi sola con la mia essenza. Sono dei momenti magici ed unici in cui tutto sembra perfetto, una sorta di trance emotiva, sono tranquilla, rilassata senza nessuna preoccupazione, senza nulla da fare. Piove più forte. Proprio davanti alla chiesa c'è un ristorante particolare, entro mi siedo e dico al cameriere di andare con calma, ho tempo da perdere. Lui mi guarda con simpatia e mi racconta la storia lunga più di un secolo del ristorante.

Un filo conduttore per la giornata.. Il tempo. Tempo come epoca, tempo come storia, come storie, come la mia.