lunedì 15 febbraio 2010

L'albero genealogico



Un sabato piovoso, ti metti a guardare la pioggia che scivola sul vetro della finestra, il tempo grigio mette tristezza, una malinconia da cullare con qualcosa da fare. Provo a leggere un pò ma il rumore della pioggia mi distrae.

Farò qualche cosa navigando in internet, penso, mentre accendo il computer.
Comincerò, l'albero genealogico della mia famiglia, è tanto che ci penso. Un piccolo tributo alle memorie familiari. Comincio ad inserire nomi che conosco, nonni paterni, materni, zii..cugini figli di cugini. Poi passo ai bisnonni, non li ho conosciuti, ma trovo le date di nascita, del nonno e della nonna di mia madre, della nonna di mio padre..ma il nonno di mio padre?? uhm, mi ricordo il nome solamente, è morto durante la prima guerra mondiale, e in casa se n'è parlato poco. Morto in guerra con sofferenze atroci che altro dire?!

Eppure questo bisnonno quasi dimenticato, mi incuriosce, chissà quanti anni aveva, chissà.

Solo un nome e un cognome, eppure il grande contenitore di internet, mi fornisce data di nascita, il battaglione e il giorno di morte 17.01.1916.

In pochi minuti il bisnonno è diventato una persona reale, con la sua storia.

Un giovane uomo di 30 anni, con una moglie di 26, e tre figlie di 6 anni, 4 e l'ultima di 2.

La propaganda, sembra far passare la guerra per una buona cosa, la patria, gli ideali. I giornali inneggiano con titoli sempre più pressanti all'entrata in guerra. Nel giro di poco tempo nelle piazze d'Italia, si riversano studenti,piccoli e medi borghesi, insegnanti che inneggiano alla guerra fanaticamente, e quando l'indottrinamento bellico si fa più serrato, si aggiungono gli operai, i contadini, i cattolici.

Lui non sa leggere, lavora nei campi di tabacco, non riesce a capire se è una cosa buona o no, riesce solo a pensare che per la prima volta dovrà allontanarsi dalla sua famiglia, dal suo paese, per andare incontro all'ignoto. Sparare a chi, a cosa? Una volta,aveva pensato di emigrare come i suoi cugini in America, ma le sue bimbe erano troppo piccole ancora, per sopportare la traversata, ed aveva rimandato, in fondo potevano arrivare tempi migliori qui, senza andare dall'altra parte del mondo.

Ed ora invece è tutto deciso si parte, il saluto commosso alla moglie, un abbraccio alle figlie, ed eccolo veloce a raggiungere il posto di ritrovo. Si muovono in gruppo ordinati camminano, tra le persone che continuano ad agitare fazzoletti in segno di saluto, e pian piano, vede il suo paese scomparire all'orizzonte.

Mai aveva provato un'emozione così grande, qualche compagno fa battute lungo il cammino, si ride, come se si dovesse ridere, per non pensare, o forse per soffocare il rumore dei pensieri.

I giorni passano lentamente, nelle trincee piene d'acqua, con il cibo che scarseggia, il fuoco nemico, miete le prime vittime.

Compagni che sanguinano, che sentono la morte arrivare, che nelle ultime parole ricordano le mogli i figli, che pregano e sperano. I corpi vanno sistemati, a volte abbandonati, nessuna lacrima, i giorni passano e lo strazio si ripete,i ragazzi non sono più le persone ingenue e sorridenti che hanno lasciato il paese, sono esseri spaventati in mezzo all'inferno, niente sarà più come prima.

Ed ecco il racconto storico, dell'arrivo a Durazzo in Albania, scrive il Generale Bertotti: " I soldati erano stanchi; quasi tutti privi di scarpe sostituite con brandelli di stracci, con gli indumenti laceri, coperti di insetti, affetti da malattie, si trascinavano a stento. Con le truppe viaggiavano famiglie borghesi e quelle degli ufficiali, in un disordine indescrivibile e durante il percorso, com'era già avvenuto per la Divisione delle reclute, i soldati ai locali cedevano le armi per un pollo o per un tacchino e gli ufficiali vendevano cavalli e bardature, sordi alle raccomandazioni e alle intimazioni dei Comandi italiani e alle rimostranze dei reparti di cavalleria e di carabinieri dislocati lungo la via per impedire disordini e saccheggi e mantenere la disciplina nelle popolazioni".

Il giovane uomo muore il 17 gennaio 1916, vicino Durazzo, di malattia e di stenti, forse avvelenato da acqua infetta. Un suo compagno che avrà la fortuna di ritornare porterà i suoi effetti personali, l'orologio e un piccolo portafoglio a sua moglie, che piange disperata, che ne sarà ora di lei e delle tre figlie?

L'emozione del superstite, è grande, ricorda l'amico, malato, morente e racconta sommessamente: "Non sono riuscito ad abbandonarlo, ci siamo riparati sotto una pianta,l'ho tenuto abbracciato a me, per un giorno e una notte intera, fino al suo ultimo respiro...


Ciao Nonno Enrico!